Jón Kalman Stefánsson
LUCE D’ESTATE ED E’ SUBITO NOTTE







“E’ bello svegliarsi presto qui in paese. Chi abita vicino al mare ha la superficie dell’acqua sempre viva davanti alla finestra e può starsene fuori in veranda con una tazza di caffè, magari a piedi nudi, ad ascoltare il cicaleccio lievemente roco dell’edredone, i commenti rudi del gabbiano, un fronte di nubi grigiastre rimane immobile nel cielo senza vento, il mare s’increspa appena, solo piccole onde trascinano sott’acqua alcune rocce, che poi rimangono in superficie a respirare”.

“A volte nei posti piccoli la vita diventa più grande”, a volte la lontananza dal rumore del mondo ci apre al richiamo del cuore, dei sensi, dei sogni. Jón Kalman descrive, nel suo romanzo Luce d’estate ed è subito notte, questo intenso sentire a erompere dalla vita di un paesino di quattrocento anime della campagna islandese, dove la luce infinita dell’estate fa venir voglia di scoperchiare le cose e la notte eterna dell’inverno accende la magia delle stelle.

“C’è spazio per ogni cosa nel respiro del cielo” … “i sogni sopra i tetti delle case”.

Un microcosmo che è come una lente di ingrandimento sull’eterna partita tra i desideri umani e le trame del destino, tra i limiti della realtà e le ali dell’immaginazione questo rappresenta nel suo romanzo Jón Kalman.

“Deve spezzarsi qualcosa dentro, per esempio una corda nel cuore, quando la persona che credi di conoscere a fondo, che ha acceso la tua fiamma, che hai sposato, con cui hai fatto dei figli, hai costruito una casa e dei ricordi, ti appare un giorno all’improvviso come un perfetto estraneo. A dire il vero è un’idiozia bella e buona sostenere di conoscere a fondo qualcuno, c’è sempre un angolo che resterà buio, nell’ombra, a volte anche un intero edificio” …
“Ma ovviamente tutto è il contrario di tutto, certe parole hanno così tante facce da far girare la testa, la persona con cui vivi per esempio può essere molto più lontana del pianeta Marte, né una navicella spaziale né un telescopio riuscirebbero a capire la distanza”. “L’amore è la cosa più potente, la forza che muove la ruota della vita e impedisce che cadiamo a capofitto nella grigia apatia”.

Cosi Jón Kalman tratteggia, la vita, le passioni, l’amore delle persone del paese a cominciare dal direttore del Maglificio, che per decifrare la frase di un sogno, si immerge nel latino e nell’astronomia fino ad abbandonare tutto per i segreti dell’universo, la postina, Agùsta, avida di vita che legge ogni lettera per poi rendere pubblici ì più piccanti affari privati dei compaesani, l’avvocato che crede che il mondo si regga sul calcolo, ma poi scopre che non può contare i pesci nel mare, ma le sue lacrime.
E poi c’è la signora dai capelli rossi che tutti i giorni fa una nuotata nell’oceano e riesce a scatenare le fantasie degli uomini del paese che la spiano. Si evince un po' di sana superstizione, perché il magazzino è stato costruito sui resti di un casale, un tempo teatro di un delitto passionale, finito tra le fiamme.
Poi troviamo tra i personaggi del romanzo Matthiàs, che torna dopo sei anni passati all’estero ed Elìsabet che si cimenta nell’apertura di un ristorante; un padre Hannes, che non riesce a superare la perdita della moglie ammalata e si suicida prima che il figlio sia diventato un uomo.

“Ma la vita assume davvero forme strane. Alcuni sembrano avere un dolore profondo intessuto nel loro essere e allora le braccia forti non ti servono a niente, per quanto ti alleni, sollevi pesi o corri quindici chilometri, perché al buio non si sfugge, non si scampa alle ombre, non ci si libera dallo sconforto che è nero e grigio e non trova pace”.
Kristin’ che ha un’appassionata relazione extraconiugale con Kjartan, finché la cosa non si viene a sapere in giro e la moglie di lui, Asdìs, scopertolo, lo rovina facendogli vendere i terreni che erano di sua proprietà da secoli.
Jón Kalman descrive i personaggi di questo piccolo villaggio dei Fiordi Occidentali, dove <<gli abitanti vagano disorientati tra i labirinti sentieri dell’animo umano>>, dove tutti si conoscono e continuano ad incontrare le stesse persone, dove la vita viene presentata con le sue passioni, quotidianità, tristezze, amarezze ed unicità, accompagnata dal sorriso, che non viene mai meno sul volto dei personaggi, carichi di pensieri positivi e desideri da realizzare.

“La vita è un filo che si strappa facilmente”
“… fa bene ridere, a volte fa bene in una maniera indescrivibile. Ma la vita fugge in ogni direzione e si conclude a metà frase e allora non c’è niente di meglio che svegliarsi presto la mattina e guardare la superficie del mare e lasciare scorrere il tempo”.

E allora non c’è personaggio migliore, il direttore o meglio l’Astronomo, che riesce a descrivere il carpe diem “tutti inchiodati come siamo nel campo magnetico delle abitudini” mentre lui un uomo d’azione, niente lo fermava, voleva il pieno controllo di ciò che lo circondava e lo irritava e che i suoi sogni si riempissero di una lingua di cui non capiva uno straccio di parola, ma allo stesso tempo andava dietro di egli il desiderio di impararla. Era riuscito a mandare tutto in malora per studiare il latino e l’astronomia pure i suoi affetti più cari, trascorreva il suo tempo studiando e intrattenendo una volta al mese i compaesani con le sue lezioni sull’infinità dell’universo.
Credo che l’autore, Jón Kalman, con questo personaggio abbia voluto mettere in risalto uno dei suoi sogni giovanili, quello di diventare astronomo, tant’è che si era iscritto alla facoltà di fisica per poi scoprire, che a interessarlo veramente era il valore poetico dell’astronomia e la capacità dello scienziato, pari a quello dell’artista di espandere i confini del mondo conosciuto e familiare.
Impossibile sorvolare sul rapporto dell’autore con la lingua, uno dei temi, ricorrente e costanti. L’impronta poetica lascia un segno indelebile sulla sua prosa soprattutto negli ultimi romanzi <<Prendo ispirazione lo stesso si racconta dalla poesia. Credo che la poesia sia la forma più profonda d’espressione e che racchiuda in sé molti elementi capaci di commuovere, più di qualsiasi altra forma, a parte forse la musica. Provo sempre ad applicare certe modalità nei miei romanzi. Il modo in cui la poesia può essere illogica, eppure avere comunque un senso. Ma non lo faccio in maniera conscia>>.
A mio parere la scrittura di Jón Kalman è un far nascere idee, maturare intuizioni, farsi domande, crescere a formarsi, quasi come una coscienza collettiva, dove l’autore si è posto un obiettivo, aprire uno scrigno nel quale il passato non è un rimpianto nostalgico verso qualcosa, che non esiste più, bensì un presente rivissuto, proprio per dare un senso ed un valore agli eventi che si verificano durante la vita.
Dunque il ricordo è più importante del momento passato, a tal proposito mi piace ricordare questo passo “Due sono le cose che faccio – respirare e pensare a te… perché i messaggi importanti, quelli che contengono qualche verità un nocciolo di essenza, belli nella loro disperazione, non possono essere consegnati in un modo che consenta di cancellarli facilmente” è evidente che la realtà ha più valore se ricercata nella memoria e anche i sogni sembrano più preziosi se non si realizzano.
Consiglio la lettura di questo romanzo, Luce d’estate ed è subito notte, perché mostra la vita com’è davvero, con i suoi pro e i suoi contro, piene di domande, ma non di risposte immediate, la vita paragonata ad una cosa bella che finisce, ma non bisogna essere tristi perché è finita, ma felici perché c’è stata, la vita come un rapporto tra spazio e tempo, la vita come coscienza, arricchita di esperienze, emozioni e ricordi per poter migliorare se  stessi.
E voi vi siete mai chiesti: “Ma la vita, cos’è?”
Beh, che dire ancora, se non … Buona lettura! 😉

Sonia Dado 

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